“Tendi la tua mano al povero” (cfr Sir 7,32). La sapienza antica ha posto queste parole come un codice sacro da seguire nella vita.
Esse risuonano oggi con tutta la loro carica di significato per aiutare anche noi a concentrare lo sguardo sull’essenziale e superare le barriere dell’indifferenza. La povertà assume sempre volti diversi, che richiedono attenzione ad ogni condizione particolare: in ognuna di queste possiamo incontrare il Signore Gesù, che ha rivelato di essere presente nei suoi fratelli più deboli (cfr Mt 25,40).
Preghiera a Dio e solidarietà con i poveri e i sofferenti sono inseparabili. Per celebrare un culto che sia gradito al Signore è necessario riconoscere che ogni persona, anche quella più indigente e disprezzata, porta impressa in sé l’immagine di Dio. Pertanto, il tempo da dedicare alla preghiera non può mai diventare un alibi per trascurare il prossimo in difficoltà. Ogni anno, con la Giornata Mondiale dei Poveri, Papa Francesco ritorna su questa realtà fondamentale per la vita della Chiesa, perché i poveri sono e saranno sempre con noi per aiutarci ad accogliere la compagnia di Cristo nell’esistenza quotidiana. “Tendi la mano al povero”, dunque, è un invito alla responsabilità come impegno diretto di chiunque si sente partecipe della stessa sorte. È un incitamento a farsi carico dei pesi dei più deboli, come ricorda San Paolo: «Mediante l’amore siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Portate i pesi gli uni degli altri» (Gal 5,13-14; 6,2). Non si tratta di un’esortazione facoltativa, ma di una condizione dell’autenticità della fede che professiamo.