Da settimane nelle nostre città e nelle nostre case, attraverso affissioni e spot televisivi, la campagna di quest’anno della Conferenza Episcopale Italiana, ci arriva attraverso un volto conosciuto e amato: quello di suor Maria P. della comunità di san Ferdinando.
Vogliamo conoscere meglio questa realtà sostenuta da chi firma l’8 per mille, prima di tutto attraverso la voce di un’ospite delle Mensa diocesana della Caritas di Oppido Mamertina-Palmi:
“Sono arrivata in Italia a 17 anni nel 2016. Mi sono messa a studiare perché non riuscendo a comunicare con nessuno – spiega Onome Anlabamo, ospite della mensa – dovevo stare sempre zitta quando mangiavo. C’è differenza tra mangiare a casa da sola e in compagnia, come una famiglia. Quando sono qui mi sento bene, mi sento libera e sono sempre disponibile a venire a aiutare i volontari nel lavoro di integrazione”. Capita spesso, infatti, che gli ospiti restituiscano l’accoglienza ricevuta offrendo il loro aiuto ai volontari e ai nuovi arrivati nell’integrazione linguistica oppure condividendo la propria cultura e le proprie tradizioni attraverso la preparazione e il consumo di un pasto tradizionale dei propri Paesi di origine.
Opera-segno della Caritas diocesana, la mensa nasce dal progetto 8xmille “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare” per rispondere ai bisogni primari di molte persone in stato di vulnerabilità residenti nel territorio. Sorta presso l’Istituto delle Suore della Carità, in una zona centrale del paese, offre ampi spazi con 100 posti a sedere. Aperta due giorni a settimana, grazie a una squadra di 30 volontari, la mensa distribuisce 400 pasti a settimana.
“La Mensa diocesana di San Ferdinando – sottolinea il vescovo di Oppido Mamertina-Palmi, mons. Giuseppe Alberti – rappresenta un punto di incontro tra la missione della Chiesa di essere strumento di amore e giustizia nel mondo e l’azione concreta a favore di coloro che sono nel bisogno”.
San Ferdinando fa parte della Piana di Gioia Tauro, purtroppo nota per i circa 1.500 braccianti agricoli stranieri che popolano i casali abbandonati, la fatiscente tendopoli ministeriale e i vecchi container sparsi tra i Comuni di Rosarno, San Ferdinando e Taurianova. Secondo di dati di MEDI – Medici per i Diritti Umani – la maggior parte degli insediamenti è composta da giovani uomini con un’età media di 35 anni provenienti dai Paesi dell’Africa subsahariana occidentale, in particolare Mali, Gambia, Senegal, Ghana e Costa D′avorio. «Molti di loro vivono in Italia da diversi anni – l′88% da più di 3 – ma nonostante la lunga permanenza, continuano a trovarsi in una condizione di esclusione, precarietà occupazionale e sfruttamento». MEDU ha raggiunto per la prima volta la Piana nel 2013 e nel gennaio 2024 su Melting Pot Europa ha potuto presentare un quadro molto preciso della situazione nella Piana, dei mutamenti intercorsi in questo lasso di tempo e delle troppe false promesse: le condizioni, denuncia MEDU, «appaiono oggi ancor più grottesche e paradossali, se si accostano le immagini disumane della vita negli insediamenti informali a quelle dei campi container ultimati e mai aperti o delle palazzine disabitate confiscate alla mafia e recentemente ristrutturate per promuovere un abitare dignitoso”.
«La situazione di estremo degrado, abbandono e illegalità riscontrabile negli insediamenti informali è sintomo di un male cronico, che affligge la realtà socio-economica della Piana e al quale sembra impossibile porre rimedio. Tra commissariamenti, crisi economica e demografica, lavoro nero, illegalità diffusa, sanità al collasso, quella dei migranti e richiedenti asilo costretti a vivere in condizioni disumane per poter lavorare – spesso in nero e in condizioni di sfruttamento – alla raccolta stagionale degli agrumi, appare come una piaga vergognosa e apparentemente inguaribile. Un elemento contestuale che si ripete come le stagioni. E così, presso la tendopoli di San Ferdinando, oltre mille braccianti dormono da ottobre a marzo in tende ministeriali divenute ormai baracche coperte di plastica, senza acqua, luce e riscaldamento e a rischio continuo di incendi a causa dei fuochi che vengono accesi quotidianamente per riscaldarsi e cucinare.
Queste drammatiche condizioni di vita forniscono lo sfondo per giornate lavorative estenuanti, in leggero miglioramento dal punto di vista della retribuzione giornaliera, comunque caratterizzate nella maggior parte dei casi da irregolarità contrattuali e contributive, con il lavoro grigio che rappresenta la norma e il lavoro nero ampiamente diffuso (36% dei lavoratori assistiti)»
A fronte dei ritardi e della timidezza delle iniziative istituzionali, la società civile e le realtà ecclesiali cercano di fare la loro parte. Il lavoro dei volontari coinvolti nella Mensa di san Ferdinando permette di costruire una fitta rete non solo a livello ecclesiale ma anche civile e di rispondere con più efficacia ai tanti bisogni che emergono di volta in volta. “Portiamo qualcosa che non è solo il cibo- afferma Ferdinando Bagnato, volontario Caritas –, portiamo noi stessi con il nostro sorriso e la nostra amicizia. Le persone che noi aiutiamo, soprattutto per quanto riguarda i migranti, hanno bisogno di un punto di riferimento”.
Accanto alla Mensa, la diocesi ha aperto anche l’emporio solidale Il Carrello della Condivisione, che insieme al Centro d’ascolto diocesano ascolta e cerca di rispondere ai bisogni di un territorio vivace dal punto di vista del privato sociale ed ecclesiale, ma afflitto da un’emergenza decennale che ha assunto i contorni di una crisi cronica.
Le foto appartengono al Progetto 8xmille della Cei