La comunità cattolica in Sudan è travolta, così come tutti, dal drammatico contesto. A fine giugno la conferenza episcopale di Sudan e Sud Sudan ha promosso un incontro di riflessione sui temi di stretta urgenza e drammaticità.
“Siamo in una situazione ormai disperata” riferisce all’Agenzia Fides padre Biong Kwol Deng, della diocesi di El Obeid, Segretario generale aggiunto della Conferenza episcopale del Sudan e del Sud Sudan. “Io” racconta il sacerdote “al momento mi sono dovuto spostare a Juba (capitale del Sud Sudan, ndr). Come molti esponenti della Chiesa abbiamo dovuto lasciare i luoghi dove eravamo in Sudan perché sono diventati troppo pericolosi, ma ricevo costantemente notizie. Le ultime qualche giorno fa da un mio parente che è rimasto a Khartoum fin dall’inizio della guerra e mi dice che ormai non c’è più un angolo del Paese che non sia interessato dal conflitto, ci sono combattimenti continuamente e ovunque. Al momento, sono sincero, non si intravvede alcuna speranza perché fonti del governo hanno dichiarato di non volersi fermare, anche se ci sono molte forze in campo che spingono per la fine degli scontri o almeno per una tregua”.
“La Conferenza episcopale – riprende Padre Biong – ha inviato una lettera pastorale che sostiene l’urgenza di aprire un dialogo in Sudan e affronta anche i tanti problemi presenti anche in Sud Sudan. Tra questi, i tantissimi profughi che arrivano dal Sudan. Molti sono i cosiddetti ‘returnees’ cioè ex cittadini del Sud Sudan, che avevano lasciato il Paese per problemi di povertà estrema, alluvioni o conflitto, e che ora sono costretti a farvi ritorno. Come Chiesa cerchiamo di fare alcuni interventi proprio per loro, sia in Sudan che in Sud Sudan. Al momento la situazione degli sfollati è spaventosa, anche nella zona del Kordofan (la vasta area che dal centro del Paese si estende fino a ridosso del Sud Sudan, ndr) ci sono tantissimi profughi e cerchiamo di portare soccorso. Il tutto è aggravato dalla stagione delle grandi piogge, la gente necessita di tutto, acqua, cibo, medicine, manca tutto e il Sudan, complici i conflitti di Gaza e Ucraina, sembra dimenticato dalla comunità internazionale”.
La comunità cattolica si è ridotta a causa degli esodi forzati che hanno generato la crisi di sfollamenti maggiore del momento. “Purtroppo” racconta padre Biong “la nostra presenza è minore adesso, le Missionarie della Carità (le suore di Madre Teresa) che erano nella diocesi di El Obeid sono andate via il mese scorso e con loro anche le suore del Sacro Cuore e i padri comboniani. Si sono spostati a Kosti (a sud di Khartoum, ndr) e stanno arrivando a Juba.
In Sudan – spiega ancora il sacerdote – “ci sono i cristiani del nord, di origine nubiana, e i cristiani del Sudan meridionale che sono rimasti in Sudan anche dopo l’indipendenza del Sud Sudan (2011, ndr). Entrambi sono in una situazione difficile anche per la carenza di aiuti dall’esterno. Per il resto è possibile pregare e riunirsi per le messe in luoghi sicuri e protetti dove ci sono sacerdoti. Spesso i sacerdoti sono soli, e quando sono in due insieme devono operare in aree molto vaste”.
(Foto di copertina © UNHCR-Nicolo-Filippo-Rosso)
(Agenzia Fides 10/8/2024)