Diamo voce alla testimonianza di padre Augustinemary, un padre clarettiano, sulla realtà sociale e pastorale della diocesi di Sarh, dove sono presenti da vari decenni le Suore della Carità.

L’indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite classifica il Ciad come settimo paese più povero del mondo, con l’80% della popolazione che vive sotto la soglia di povertà.

La Chiesa ciadiana è quella più giovane in Africa, tanto che sarà l’ultima chiesa africana, nel 2029, a festeggiare i cent’anni dalla prima evangelizzazione.

È una Chiesa profondamente segnata dall’opera di evangelizzazione dei missionari europei. Ma è ormai il momento di cedere progressivamente le responsabilità ai missionari di altri paesi africani e al clero locale.

Qui di seguito la testimonianza padre Augustinemary:

«Come il Santo Padre ha dichiarato, in questo anno dedicato alla preghiera in previsione del Giubileo ordinario del 2025, dirò che l’evangelizzazione missionaria in Ciad, diocesi di Sarh, è ancora “PRIMARIA”.

La diocesi cattolica di Sarh si trova nella parte meridionale del Ciad, che copre una superficie di circa 97.000 kmq. La diocesi è composta da 15 parrocchie e 2 vicariati. Queste parrocchie e vicariati si trovano in un ambiente molto povero e con un clima rigido.

È un ambiente in cui le persone muoiono a decine, a causa del clima rigido, della fame e della malnutrizione. È anche un ambiente in cui l’analfabetismo e le credenze nelle pratiche religiose tradizionali sono ancora elevate. Qui in Ciad sono ancora necessarie numerose opere di evangelizzazione.

Per esperienza, il Paese è dominato dai musulmani quando essi sono al potere nel governo e questo a volte fa sì che i cristiani si sentano o sembrino stranieri nel loro Paese e nella loro casa. Inoltre, le credenze nelle pratiche tradizionali si sono radicate in molti di loro, anche nei fedeli cristiani e per loro è molto difficile accettare cambiamenti e correzioni, e questo ha portato la povertà nel Paese a un tasso più alto in percentuale, rispetto ad altri Paesi.

Guardando a Sarh, dove risiedo, la maggior parte dei fedeli qui sono agricoltori, che traggono beneficio dal lavoro delle loro mani.

E anche le condizioni meteorologiche a volte non sono favorevoli a un raccolto adeguato, ad esempio quest’anno è un anno buio per il Paese. Io lo chiamo anno buio, a causa della grande alluvione che ha distrutto le fattorie di molti, il che aumenterà la fame e la povertà per l’anno prossimo.

Ma guardando a tutti questi problemi che ci circondano, il Santo Padre ci incoraggia: la speranza cristiana abbraccia la certezza che la nostra preghiera raggiunge la presenza di Dio; non una preghiera qualsiasi, ma piuttosto la preghiera dei poveri! Il Papa incoraggia che attraverso la preghiera possiamo diventare un percorso di comunione con i poveri e condividere le loro sofferenze.

Così, Dio conosce le sofferenze del suo popolo perché è un padre attento e premuroso, si prende cura di coloro che sono più bisognosi: i poveri, gli emarginati, i sofferenti e i dimenticati. Nessuno è escluso dal suo cuore, perché ai suoi occhi, senza Dio, non saremmo nulla. Se Dio non ci avesse dato la vita, noi non avremmo nemmeno la vita. Il Papa incoraggia i poveri e tutti a pregare; allo stesso modo ci ricorda che la felicità non può essere acquisita calpestando i diritti e la dignità degli altri. Ci incoraggia a non perdere mai la speranza».

Di Obiadazie Augustinemary U. cmf