Passo positivo nella lotta alle “storiche ingiustizie” che colpiscono i cristiani, ma servono maggiori sforzi
Le autorità egiziane hanno approvato la legalizzazione di 74 fra chiese ed edifici di culto cristiani. Il via libera accolto con favore da attivisti cristiani è arrivato nei giorni scorsi e porta a un totale di 1568 edifici ecclesiastici, su un numero complessivo di richieste pari a 5540 dall’introduzione della Legge sulla costruzione delle chiese numero 80 del 30 agosto 2016.
In passato i permessi erano concessi dalle agenzie di intelligence e sicurezza, mentre oggi la competenza per la costruzione o la ristrutturazione degli edifici è di competenza dei governatori provinciali. Secondo quanto riferiscono gli esperti del movimento attivista per i diritti umani e la libertà religiosa Christian Solidarity Worldwide (Csw), la nuova normativa ha reso l’iter meno complicato ma la legislazione resta discriminatoria perché non si applica ai musulmani sunniti.
Inoltre, la norma non trova applicazione per gruppi religiosi quali gli ahmandi, i Baha’i e le comunità sciite.
Fra i principali sostenitori della norma sui luoghi di culto vi è il presidente Abdel-Fattah al-Sisi. Il capo di Stato ha fatto della libertà religiosa e della difesa dei cristiani uno degli slogan della propria politica, pur finendo nel mirino dei gruppi attivisti per numerosi casi di violazioni ai diritti umani e una dura repressione del dissenso interno. In passato molte chiese e case di preghiera erano realizzate in modo spontaneo, senza i permessi necessari, difficili da ottenere.
I permessi mancati o ritardati si sono rivelati fonte di controversia o di violenze confessionali per mano della maggioranza musulmana sunnita. E anche in caso di rilascio, in più occasioni i cristiani sono dovuti scendere a compromessi fra cui chiese senza campane o torri.
Mervyn Thomas, capo esecutivo di Csw, apprezza “la legalizzazione di altre chiese” e sottolinea con favore “gli sforzi del governo egiziano” per mettere fine a “storiche ingiustizie che colpiscono la comunità cristiana”. Al contempo, egli rivolge un incoraggiamento alle autorità perché “proseguano sul cammino delle riforme” e rivolgano maggiore impegno “nel contrasto delle ingiustizie sociali e in pratiche che continuano a limitare la libertà di culto”.
In una nazione di quasi 95 milioni di persone a larga maggioranza musulmana, i cristiani [soprattutto copti ortodossi] sono una minoranza consistente pari al 10% circa del totale. Fra il 2016 e il 2017 il Paese ha registrato una serie di attentati sanguinosi, che hanno coinvolto la stessa comunità cristiana. In relazione agli attacchi, un tribunale militare ha condannato a morte 17 persone; tuttavia, il pugno di ferro delle autorità non è però servito a fermare le violenze.
Asianews