Il Vescovo dell’Eparchia cattolica di Adigrat, Tesfaselassie Medhin, in un’intervista all’Agenzia Fides:
“Guarigione dai traumi della guerra, ripresa a livello umano e fisico, costruzione della pace, sono i punti salienti sui quali ci stiamo concentrando per fare fronte alla devastazione e alle violenze che la popolazione del Tigray continua a subire a seguito del conflitto fra il governo regionale e il governo federale etiope”.
Egli ha espresso la profonda sofferenza che vive in prima persona in questa che era un tempo terra rigogliosa, rinomata per le sue chiese millenarie tra le rocce a 3000 metri, i paesaggi mozzafiato e le tradizioni ospitali.
Il Tigray è un campo di battaglia
“La popolazione resiste tenacemente alla sofferenza più inaudita, alle umiliazioni, alle crudeltà e a tutte le limitazioni di questi lunghi anni – prosegue l’eparca. Resilienza è la migliore definizione per descrivere questo meraviglioso popolo che continua ad avere grande rispetto e gratitudine verso la Chiesa locale per l’impegno ei loro confronti”.
Dall’autunno del 2020 il Tigray, regione dell’Etiopia confinante con l’Eritrea e nelle aree limitrofe di Afar e Amhara, si è trasformato in un campo di battaglia tra i combattenti tigrini dell’esercito federale etiope e i suoi alleati, in particolare le forze eritree.
La rovina degli istituti scolastici
Secondo i dati del rapporto ufficiale del Tigray Bureau of Education, prima dello scoppio della guerra, c’erano 2.221 scuole primarie e 271 secondarie/superiori, oltre un milione di studenti e il 90,92% di iscritti. Tra le scuole vanno incluse le 53 istituzioni educative della diocesi di Adigrat, dalla scuola materna fino ai college, con oltre 16 mila studenti e 1.115 insegnanti e personale di supporto.
Attualmente l’88,27% delle scuole, comprese 4 università, sono danneggiate o totalmente distrutte. Come pure libri di testo, computer, televisori, attrezzature di laboratorio, banchi, lavagne e materiali di supporto scolastico. Oltre duemila tra studenti, insegnanti e personale sono stati uccisi e molti altri sono rimasti feriti e sfollati. Un milione di studenti sono rimasti senza scuola per anni interi. Nei restanti distretti del Tigray oltre 500 scuole sono ancora chiuse e centinaia di migliaia di studenti sono senza istruzione da quattro anni, comprese 10 scuole della diocesi di Adigrat.
“A causa della guerra, 36 delle 53 istituzioni educative cattoliche sono state saccheggiate o danneggiate e tra i problemi da risolvere potrebbero esserci possibili implicazioni legali in caso di mancato pagamento del personale scolastico per il periodo settembre 2021 – agosto 2022 – precisa il vescovo Medhin. Tra gli edifici scolastici chiusi, alcuni nelle aree urbane sono stati trasformati in campi per sfollati interni”.
La precaria situazione sanitaria
L’80% delle strutture sanitarie nella regione sono state distrutte, ma ora vengono lentamente riattivate. Ad esempio, i 4 centri sanitari cattolici e 1 ospedale di Adwa hanno continuato a funzionare nonostante gli ingenti danni. Durante i primi 7/8 mesi di guerra il Kidanemehret Hospital di Adwa ha registrato una media di oltre 3000 parti, tra i quali 500 cesarei. Ad Adigrat abbiamo un centro servizi, ‘casa sicura’, per le donne che hanno subito violenze. Ufficialmente sarebbero 125mila ma sappiamo che tante non si avvicinano perchè hanno vergogna”.
Sfollati interni
“L’insicurezza delle strade è ancora molto elevata e sono stati ripristinati sette voli dalla capitale a Mekelle per portare rifornimenti. Sono molto costosi e quindi non sempre accessibili alla maggior parte delle persone. Attualmente ci sono oltre un milione di sfollati interni che vivono senza infrastrutture adeguate e ben più di un milione di morti in quattro anni”.
La mediazione per porre fine al conflitto
A inizio novembre 2022 a Pretoria, Sudafrica, con la mediazione di un gruppo di alto livello dell’Unione Africana composto tra gli altri dall’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo, l’ex presidente kenyano Uhuru Kenyatta e l’ex vicepresidente sudafricano Pumzile Mlambo-Ngcuka, era stato firmato un accordo con i ribelli tigrini che aveva posto fine al conflitto tra Addis Abeba e Mekelle, tuttavia il processo di ricostruzione e ripristino dell’ordine è ancora in corso, e molte sfide devono essere affrontate.
Il Trattato di Pretoria prevedeva disposizioni volte a ripristinare il diritto e l’ordine sociale, garantire la ripresa dei servizi di base, il libero accesso alle forniture umanitarie e, più specificamente per l’intera regione e l’Etiopia, garantire la sicurezza affinché la popolazione potesse muoversi liberamente e vivere in pace.
“Se l’attuazione del Trattato di Pretoria non va, oltre un milione di sfollati interni continueranno a vivere nelle attuali condizioni nei campi, molte persone se ne andranno, centinaia di migliaia di giovani lasceranno il paese in cerca di una vita dignitosa. Qui in Tigray la ripresa è lenta e molto difficile tra traumi, abusi e violenze di ogni tipo” conclude mons. Medhin che, insieme ad un team di esperti e la sua diocesi sono impegnati ad istituzionalizzare i programmi già messi in atto in materia di giustizia, pace, risoluzione dei conflitti, dialogo comunitario”.
Il contributo dell’Eparchia cattolica
“Attraverso programmi più istituzionalizzati per attività di ricerca, formazione e dialogo di pace avremmo un’istituzione denominata ‘Resilience and peacebuilding’”.
L’eparchia di Adigrat si estende su 132mila kmq, conta sulla presenza di 71 sacerdoti, tra i quali 65 attivi, 102 missionari religiosi provenienti da diverse congregazioni.
Disastri climatici
Alla grave crisi di questi lunghi anni si aggiungono i recenti disastri climatici, tra siccità e alluvioni che hanno colpito la regione. La popolazione è priva dei beni di prima necessità, in particolare nei campi situati ad esempio nelle aree di Shire, Adwa, Mekelle, Adigrat dove vivono migliaia di sfollati interni.
(Agenzia Fides 8/7/2024)