Nel 1970, avevo 4 anni e vivevo a Torino. I miei genitori erano originari di Solero dove trascorrevamo i fine settimana e le vacanze estive con i nonni.

Un giorno di fine giugno mio nonno Domenico mi disse che mi aveva iscritto alla scuola di ricamo tenuta dalle suore presso la scuola elementare parificata.

Ero figlia unica e non avevo mai avuto modo di stare insieme a tante bambine e tanti bambini.

Negli anni del baby boom a Torino era molto difficile l’iscrizione ad una scuola materna, gli unici bambini con cui giocavo era una bambina di due anni meno di me che viveva al piano terra del nostro condominio e mio cugino che aveva la mia età ma che abitava in un’altra zona di Torino

Le suore dell’ordine di Santa Giovanna Antida Thouret svolgevano una sorta di estate ragazzi “ante litteram”, accoglievano, nei pomeriggi estivi, nel loro istituto in Via Bruno Pasino, bambine e bambini impartendo lezioni di ricamo sotto la guida di una suora e, dopo una salutare merenda, le bambine e i bambini potevano giocare nel giardino dell’istituto, senza dubbio questo era il momento più desiderato e apprezzato.

Per i genitori che lavoravano era un luogo sicuro dove lasciare le figlie e i figli e per i piccoli era un luogo sereno dove giocare ed interagire con i coetanei.

Ricordo il mio primo giorno: mi accompagnarono la mamma e il nonno, dopo aver suonato il campanello venne ad aprire una ragazza di una decina di anni più grande di me di nome Fulvia, mi prese in custodia e mi accompagnò in una grande stanza dove c’erano tante bambine e qualche bambino, ognuno era intento nel ricamo, anche i maschietti ricamavano quadretti a mezzo punto.

La suora tagliò un pezzo di stoffa a forma di quadrato, disegnò un fiore e mi insegnò a fare il punto erba. Non ebbi problemi ad imparare avevo una buona manualità e una discreta predisposizione al ricamo.

Da quel primo giorno ne seguirono tanti altri, ogni volta che mi trovavo a Solero mi recavo a ricamare, mi piaceva moltissimo stare assieme ai miei coetanei, dopo la merenda mi piaceva giocare nel cortile dove c’era un’altalena e in fondo al cortile uno spazio riparato dove si trovava una cassapanca che conteneva costumi e parrucche. Sotto la guida delle ragazzine e dei ragazzini più grandi venivano ideati dei canovacci e si facevano dei mini spettacoli teatrali.

Ricordo che tornavo a casa sempre molto felice.

Negli anni successivi non persi l’abitudine di ricamare, anzi in certi momenti divenne un modo per rilassarmi e durante il periodo dell’università un modo di distogliermi dalla fatica mentale degli esami.

Seppi più tardi l’utilità del ricamo per i bambini:

  • si impara a tenere in mano l’ago, il telaio o il pezzo di stoffa, seguire i contorni, fare punti regolari, annodare il filo, riempire le figure sviluppando la coordinazione delle mani e del cervello;
  • si impara a prendere le misure, valutare la quantità di stoffa, contare i punti, un modo divertente per acquisire conoscenze matematiche;
  • si impara a risparmiare e riciclare: non si butta via niente! Anche il più piccolo pezzo di stoffa, un pizzo, un gancetto possono servire, si diventa così autonomi e in grado di attaccare un bottone o rammendare uno strappo nei pantaloni;
  • si impara a organizzare e pianificare: prima di iniziare un ricamo ci si deve porre un obiettivo, scegliere un disegno e successivamente procurarsi i materiali, ricavarsi tempo e spazio. Tutto ciò prepara al mondo della scuola e del lavoro.

Senza dimenticare l’orgoglio di iniziare e terminare un progetto, poterlo mostrare ad amici e conoscenti e la soddisfazione di fare dei regali fatti con le proprie mani.

Marina Gallia