Il patriarca maronita di Beirut lancia un ‘patto educativo nazionale’ contro la crisi
L’obiettivo è mantenere viva la fiamma della protesta del 17 ottobre. Un invito rivolto ai giovani perché si liberino delle appartenenze settarie e confessionali. In tempi di crisi, l’impegno comune per costruire una casa migliore. Un patto di natura “educativa” fondato sul rispetto della diversità, della fraternità e del servizio.
Promuovendo il tema “Ricostruire il patto educativo mondiale”, il pontefice voleva “ravvivare l’impegno per e con le giovani generazioni, rinnovando la passione per una educazione più aperta e inclusiva, capace di un ascolto paziente, di un dialogo costruttivo e di una comprensione reciproca”. “Oggi – aveva proseguito il Santo Padre – è più che mai necessario unire i nostri sforzi in una più vasta alleanza educativa, per formare persone mature, in grado di superare le frammentazioni e i contrasti, ricucendo il tessuto delle relazioni per una umanità più fraterna”.
L’iniziativa del patriarca Raï si inserisce nel solco delle proteste popolari del 17 ottobre 2019, considerate dal capo della Chiesa maronita “una rivoluzione positiva e civile, che ha riunito le generazioni provenienti da tutte le regioni, comunità e appartenenze”. Il primate confida inoltre che il proprio progetto di patto educativo possa “proteggere” questo slancio popolare dalle “correnti negative” che lo vogliono parassitare. Quello che desidera è vedere i giovani libanesi liberarsi dalle affiliazioni comunitarie che vanno sempre più strette e “impegnarsi a costruire una patria migliore, che si chiama Libano, la loro ‘casa comune’, che la Costituzione chiama ‘patria ultima per tutti’. Uno Stato di natura civile in cui vige una separazione netta fra ambito religioso e civile, fedele alla parola del patriarca Élias Howayek al congresso di pace di Versailles del 1919: ‘Esiste in Libano una sola comunità che si chiama Libano; le comunità presenti su questa terra sono le componenti del suo tessuto sociale’”.
La natura del patto è “educativa”, sottolinea il patriarca, e deve condurre a “un nuovo approccio a tutte le altre attività”, siano esse culturali, economiche o politiche, così come alla creazione di una nuova élite che sappia essere trans-comunitaria”. Questo patto si fonda su tre principi: il rispetto della diversità, a condizione che sia complementare e non antagonista; la vera fraternità, nel modo in cui è intesa nella dichiarazione sulla fraternità umana di Abu Dhabi del 4 febbraio 2019; lo spirito di servizio.
Nella mente del patriarca, le aspirazioni del movimento “assolutamente spontaneo” che si è venuto a formare il 17 ottobre scorso, e che la Chiesa sostiene, “sottendono un impegno permanente affinché la fiamma non si spenga”. Queste aspirazioni prevedono inoltre tre fattori: dire “no” a qualsiasi forma di egoismo, “umanizzare internet” e rigettare la “cultura del rifiuto” (parole di Francesco), di cui sono vittime le persone della terza età, i poveri, i bambini e le persone che nutrono bisogni speciali. Esse suppongono anche il rispetto dell’ambiente. “La natura non è solo un contesto di vita per noi. Essa è una realtà distinta da noi e noi siamo solo una parte di essa. Per creare una realtà nuova, bisogna prima di tutto essere una creatura nuova” ripete il patriarca, citando l’enciclica Laudato Sì (118).
Difendere la terra
Infine, il patto educativo nazionale impegna i giovani e le generazioni future a “preservare il suolo nazionale”, mettere in pratica la giustizia sociale e prendere iniziative “nell’agricoltura, nell’industria leggera, nell’industrializzazione in generale e nell’acquisizione di competenze”. Questa attività di produzione e il patto educativo saranno coordinati dal Centro maronita di documentazione.
Inoltre, vengono creati due nuovi centri: il primo nel convento Mar Sarkis di Rayfoun, con la missione specifica di “sviluppo umano e potenziamento”. Questo centro è attivo dal giugno 2019 e si occupa in particolare della famiglia. Il secondo, il cui inizio dei lavori è previsto per l’autunno presso il convento della Visitazione di Aintoura, approfondirà le conoscenze relative alla musica, alle arti culinarie, all’artigianato. Al suo interno vi sarà anche una sezione culturale per l’apprendimento della religione, delle lingue e delle diverse culture. L’attuazione del patto educativo verrà realizzata sotto la supervisione di un vicario patriarcale. “Il patto – sottolinea il documento fondante – è aperto a tutti i giovani del Libano, a prescindere dalla loro appartenenza” sia essa religiosa, etnica o sociale.
di Fady Noun, Asianews