Il Gruppo ecumenico WCAL: alzare la voce contro le “Insopportabili atrocità” perpetrate contro i palestinesi a Gaza e in altre parti della Palestina, atrocità che “hanno provocato un bilancio di oltre 28.000 morti tra i civili, di cui oltre due terzi sono bambini e donne”.
Vogliamo dare risalto a questo documento del WCAL – segnalato da Fides, Pontificie Opere Missionarie – perché fornisce anche alcune chiavi di lettura per comprendere meglio che cosa sta accadendo in questi messi tra Israele e Palestina.
Il Gruppo ecumenico nel settembre 2021 pubblicò il documento intitolato Cristiani in Medio Oriente: per un rinnovamento delle scelte teologiche, sociali e politiche. Nell’equipe, che ha assunto come sigla una formula che riecheggia un versetto del Deuteronomio (“Noi scegliamo la vita in abbondanza”), figurano tra gli altri la professoressa Souraya Bechealany, già segretaria generale del Consiglio sulle Chiese del Medio Oriente, il sacerdote maronita Rouphael Zgheib, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie del Libano, e il sacerdote e teologo libanese greco-melchita Gabriel Hachem.
Davanti allo scenario odierno di morte, il Gruppo di analisti, teologi e operatori pastorali cristiani di “We Choose Abundant Life” diffonde un documento per evidenziare come la guerra in atto in Terra Santa “non solo mette in evidenza la capacità di violenza umana di demonizzare e disumanizzare l’altro, ma sottolinea anche una profonda crisi morale che ci interpella, non solo come cristiani ma come esseri umani”.
“La risposta militare immediata, iniziata come una vendetta impulsiva alle atrocità del 7 ottobre 2023” si legge nel messaggio “si è trasformata rapidamente in una guerra devastante e pianificata, trovando giustificazione e sostegno da parte di diversi Paesi del mondo libero e incontrando il silenzio delle dittature della regione”.
Gli estensori del documento sottolineano che “la militarizzazione delle ideologie religiose, sia negli Stati consolidati che nei movimenti e negli attori non statali, è un indicatore lampante dei gravi pericoli concettuali che le religioni corrono quando si allontanano dal nucleo del loro messaggio”. Il documento richiama anche la lucidità delle voci critiche che respingono e confutano “la narrazione prevalente che associa l’ebraismo al sionismo o suggerisce che l’ebraismo sia sinonimo di sionismo. Criticare le pratiche di Israele che violano il diritto internazionale” si legge ne testo “non è sinonimo di antisemitismo”.
I promotori del Gruppo si uniscono a tutti coloro che rivendicano “il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione. In particolare, si pronunciano costantemente contro la confusione tra la causa palestinese, in quanto causa nazionale, e la jihad militante e armata o le rivendicazioni islamiste estremiste. Queste voci mettono in discussione le narrazioni troppo semplici e contribuiscono a una comprensione sfumata delle diverse prospettive all’interno della comunità musulmana”.