“Credo che per non smarrirci, abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone:
storie che edifichino, non che distruggano;
storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme.
Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano,
abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita”.Papa Francesco
Ho il desiderio di raccontare come ho vissuto questi ultimi mesi proprio perché, come dice papa Francesco, il narrarci aiuta a far emergere ciò che di bello ci abita e nonostante la fatica, il dolore e le difficoltà vissute sono certa che qualcosa di buono possiamo trarre da questa esperienza.
Le mie giornate credo siano state come quelle di ognuno di voi: isolati in casa, uscite solo per necessità, preghiera e S. Messa via social.
Quello che vorrei condividere sono i sentimenti che ho provato: la fatica dell’isolamento, la preoccupazione per la salute dei miei familiari e delle persone conosciute ma anche per tutti i lontani colpiti dal Covid-19, il dolore per le persone decedute e soprattutto per coloro a me più vicini – parrocchiani o parenti di amici -, preoccupazione per le tante persone che hanno perso il lavoro o che fanno fatica a vivere per problemi economici causati da questa emergenza sanitaria.
Ho provato però una grande ammirazione per i medici e gli infermieri che si sono prodigati fino a dare la vita per curare ed assistere i malati ed anche per i tanti sacerdoti morti nel loro servizio pur di non abbandonare i loro parrocchiani.
Allora ho iniziato a pormi delle domande, a pensare com’è la mia vita, quali sono le mie priorità, quali sono i valori della nostra società, quale importanza diamo ai rapporti interpersonali….
Ed allora ho capito che ciò che più mi è mancato sono le persone, il rapporto con gli altri. Forse quello che davo per scontato perché vissuto ogni giorno è emerso prepotentemente; non possiamo vivere bene, essere felici se non in relazione con l’altro.
Forse dopo questa esperienza davvero nulla sarà come prima…..
Quando il “Figlio dell’uomo tornerà” non andrà nei templi e nelle chiese per vedere se “la fede è ancora sulla terra” (Lc 12,7-8).
Guarderà ai nostri rapporti sociali: guarderà a come ci vorremo bene o male, guarderà le nostre banche, la nostra evasione fiscale, i nostri ospedali, il salario ai braccianti….
Se ci sarà ancora la fede la troverà soltanto dentro la giustizia e la verità dei nostri rapporti, da come ci prenderemo cura del povero.
Ma anche un’altra domanda mi sono fatta in questo lungo digiuno eucaristico: perché vado a Messa? perché ho tanto desiderio di tornare a Messa?
C’è differenza per l’andare in chiesa o guardare la Messa celebrata dal Papa, dal vescovo, dal parroco alla televisione?
Qui è emersa un’altra grande certezza: non possiamo essere felici, avere una vita piena se non in relazione con l’Altro.
Ma questa certezza è solo una mia necessità che mi soddisfa oppure mi cambia?
Qualcuno vedrà in noi una differenza ora che siamo ritornati in chiesa? Dovremmo sentire la voglia di andare per strada a portare Gesù. Come diceva don Tonino Bello: ”andati a Messa, la pace è finita”.
La prima domenica in cui sono riprese le celebrazioni eucaristiche il sacerdote della mia parrocchia ha detto che molti cristiani erano tornati a Messa ma tanti che, prima del lockdown, frequentavano abitualmente non erano tornati. Come mai??
Chiediamoci perché andiamo a Messa, che cristiani vogliamo essere…. dalle nostre risposte emergerà il modo in cui come AJA vogliamo ripartire…
Antonella, Coordinamento Rete AJA Italia (dal sito ajaitalia.it)