La testimonianza di p. Karakach, frate della Custodia di Terrasanta e parroco di Aleppo, ad AsiaNews parla di festa “molto particolare” fra “rassicurazioni” delle nuove autorità e “presenza massiccia di agenti”. Rispetto al passato nessun segno di celebrazioni sulle tv nazionali. In alcune città episodi “spiacevoli” come il rogo di un albero di Natale, allestito di nuovo con l’aiuto di musulmani. L’Anno giubilare fonte di coraggio.
Di seguito la testimonianza del parroco di Aleppo, p. Bahjat Karakach:
Quello che abbiamo appena trascorso è stato un Natale molto particolare, come potete ben immaginare. Tra le rassicurazioni delle nuove autorità che noi cristiani possiamo continuare a praticare le nostre usanze, e alcune azioni chiaramente anti-cristiane accadute qua e là, la cui notizia si diffonde come fuoco sui social, noi cristiani siriani abbiamo festeggiato la ricorrenza. Il quadro sul territorio siriano resta disomogeneo: qui ad Aleppo l’unica variabile è stata l’anticipazione degli orari delle messe, in modo che la gente potesse tornare a casa non troppo tardi, visto che la notte potrebbe essere sempre più pericolosa. Anche e soprattutto quando manca la corrente elettrica e le strade si svuotano, sprofondando nel buio e nel silenzio.
Durante le nostre celebrazioni, le chiese erano gremite di fedeli, come ogni anno, mentre una presenza massiccia di agenti di sicurezza e uomini armati hanno protetto i nostri quartieri. Questo è stato un buon segno di disponibilità delle autorità civili a vigilare sulla sicurezza, e grazie a Dio nessun incidente è stato registrato. Il nuovo governo ha confermato il 25 dicembre ferie nazionali – almeno per quest’anno – senza esplicitarne la motivazione! Sui canali tv nazionali, non ho ravvisato nessun segno di festa, come erano soliti fare.
Tornando alla situazione sul terreno, in altre città vi sono stati alcuni episodi spiacevoli: a Skelbiye (una città di maggioranza cristiana ortodossa) dove era allestito un albero di Natale, alcuni giovani fanatici – di nazionalità non siriana – hanno dato fuoco all’albero. Questo ha scatenato l’ira dei cittadini! A Damasco, si è tenuta una manifestazione di cristiani in preda alla rabbia che, rivolgendosi al patriarca greco-ortodosso, invocavano il suo intervento a favore del popolo non solo in riferimento a quanto era accaduto a Skelbiye, ma anche per le notizie che giungevano da Maaloula – il famoso villaggio che parla ancora l’aramaico – dove si raccontano atti anti-cristiani e minacce di vendetta. Tuttavia, queste azioni inquietanti non riguardano solo noi cristiani; infatti il 25 dicembre a Tartus, città costiera, si è registrato un attentato contro le forze dell’ordine, in cui hanno perso la vita 14 persone; mentre a Homs è scoppiata una rissa tra due gruppi di manifestanti all’origine della quale vi sarebbero motivazioni di natura confessionale.
Intanto, mentre il Paese si incammina verso una vera rinascita, si temono le intrusioni di quelle forze che sono interessate a destabilizzare la Siria, anche se finora non mancano segni positivi di contenimento di queste tendenze. Il governo provvisorio mantiene forte un discorso tollerante verso tutti i siriani, e si promette di proteggere tutti i luoghi sacri a qualunque comunità religiosa appartengano. Un altro passo importante verso la pace è stata la decisione della maggior parte delle milizie armate di sciogliersi, per far parte di un unico esercito sotto la guida del ministero della Difesa. I siriani restano in attesa che anche le milizie curde del nord-est arrivino ad un accordo con il governo di Damasco, e quindi riunificare tutto il territorio.
Durante l’omelia della messa di vigilia del Natale, ho cercato di incoraggiare i fedeli ad un atteggiamento di speranza in questo nuovo Anno giubilare e, quindi, a guardare e diffondere le buone notizie, quei segni, pur fragili, della grazia di Dio che opera in noi: giovani musulmani hanno aiutato a riparare i danni recati all’albero di Natale a Skelbiye e ad una chiesa a Hama; altri ci hanno dato una mano ad allestire il nostro presepe ad Aleppo, ed un signore, anch’egli musulmano, ha donato i fiori per abbellire l’altare in questi giorni di festa.
Un altro segno forte sarà la messa del primo gennaio, nella Giornata mondiale per la pace, che il nostro vescovo mons. Hanna Jallouf presiederà nella chiesa parrocchiale a Knaye, il villaggio di cui è rimasto parroco per oltre vent’anni. Quel villaggio è stato, insieme a Yaqubiye, un simbolo della “resistenza” pacifica dei cristiani, che hanno conservato la fede e l’attaccamento alla loro terra durante gli anni bui di feroce persecuzione. Oggi, questo villaggio sarà simbolo di un inizio nuovo, nel segno della pace.
Tanti segni che ci danno speranza e confermano ciò in cui abbiamo sempre confidato, cioè il popolo siriano, che forma un tessuto unico di fraternità e convivenza pacifica e della sua buona volontà di ripartire verso la pace e la prosperità. Siamo chiamati a dare voce a questi segni del bene che è sempre presente, perché questo è anche il capitale più importante di cui disponiamo e che sarà a fondamento della ricostruzione della Siria.
Buon Natale a tutti e un benedetto Anno di speranza!
Foto Calvarese/SIR